Albicocco, primi segnali di surplus produttivo?

albicocco
Dopo alcune annate di offerta ridotta e prezzi elevati

Tra le drupacee l’albicocco, insieme al ciliegio, ha subito meno la flessione in termini di superficie rispetto ad altre drupacee, come il pesco, con un dato decennale in sostanziale equilibrio. In Basilicata, negli ultimi 5 anni notevole è stato il rinnovamento varietale con l’introduzione di cultivar in linea con le mutate esigenze commerciali, cioè frutti sovraccolorati, di buona pezzatura, con maturazione precocissima e precoce, buon sapore e aroma, resistenti e/o tolleranti a Sharka.
Il 2017 ha soddisfatto pienamente le esigenze fisiologiche in termini di fabbisogno in freddo, per cui tutte le varietà hanno potuto esprimere “perfomance” soddisfacenti di produttività. Per quanto concerne l’epoca di maturazione il 2017 è stato caratterizzato da un forte anticipo di maturazione che per le varietà precocissime è stato di circa 10 giorni, calando via via con le più tardive. Le condizioni ambientali particolarmente idonee hanno fatto sì che ci fosse un ottimo carico, ma con risvolti negativi sulla pezzatura dei frutti. Probabilmente sarebbe stato opportuno effettuare diradamenti più incisivi, anche in più passaggi, per conseguire pezzature migliori, ma le incognite dovute al maltempo hanno frenato i coltivatori.
I prezzi di vendita sono stati molto più bassi rispetto alle altre annate proprio per la minore qualità delle produzioni, che in un contesto di eccesso di offerta, ha determinato valori talora irrisori.
Tale situazione ha comportato un eccesso di offerta con prodotto proveniente non solo dalle regioni italiane, ma anche da Paesi europei, come la Spagna, che fino al 20 maggio ha inviato prodotto sul nostro mercato determinando una notevole offerta con prezzi costantemente al ribasso
La situazione produttiva
In Basilicata la coltivazione dell’albicocco ha avuto inizio dagli anni ’70 con l’introduzione di varietà di origine campana che meglio si adattavano tanto alle condizioni ambientali, quanto alla destinazione del prodotto per la trasformazione industriale. L’epicentro dello sviluppo è stato nei comuni di Rotondella e Policoro che, ancora oggi, rappresentano i maggiori centri di coltivazione per questa specie. Nell’ultimo decennio vi è stato un forte interesse commerciale per questa specie grazie alla vocazionalità del territorio, che consente il conseguimento di uno standard produttivo quanti-qualitativo di tutto rilievo. Negli ultimi anni il trend delle superfici è in diminuzione, in quanto comincia a farsi sentire sia l’influenza negativa della Sharka, che ha portato all’estirpazione di diversi ettari, sia condizioni climatiche non idonee alle nuove introduzioni varietali
L’assetto varietale
Il calendario di maturazione in Basilicata inizia intorno a fine aprile con Ninfa coltivata in ambiente forzato e con tecniche colturali specifiche, anche se bisogna rilevare che con l’avvento delle varietà sovraccolorate l’interesse per Ninfa è fortemente scemato tanto da portare alla riconversione di molti impianti. A seguire sono state introdotte nuove varietà; si parte con l’autofertile Mikado, interessante per produzione e aspetto del frutto, e poi con varietà a basso fabbisogno in freddo come Mogador, che presenta fioritura precoce e si sta affermando nei campi commerciali grazie alla sua precocità, anche se è soggetta a “cracking” dei frutti. Altre varietà come Colorado e Margotina, introdotte insieme a Mogador, non hanno dato risultati produttivi interessanti.
A fine maggio si raccoglie Wondercot*, autoincompatibile, con frutti dolci e aromatici; tra i punti deboli si riscontra la maturazione all’apice del frutto, la cascola preraccolta e il “cracking” nelle annate piovose, nonché la rottura del nòcciolo. Nella stessa epoca sono state introdotte Tsunami*, autoincompatibile, che per produrre va ben impollinata, e che può presentare spaccature lungo la linea di sutura; Pricia* interessante per la caratteristiche del frutto anche se ha avuto un comportamento produttivo non sempre costante, derivato dalla conduzione della pianta che produce molto su dardi e rami deboli; Banzai*, autofertile, di cui va verificata l’adattabilità nei diversi ambienti di coltivazione.
Più tradi matura Rubista*, autofertile, con frutti molto colorati, tendenti al viola, molto dolce, di buona produttività; la risposta del mercato a frutti totalmente diversi dagli standard commerciali introdotti negli ultimi anni è ancora da dimostrare. Nei campi commerciali è da qualche anno introdotta l’autofertile Flopria*, selezionata a Murcia in Spagna; le indicazioni sono positive per la produttività, discreto il sapore dei frutti, anche se a volte presentano una leggera rugginosità. Successivamente matura Orange Rubis® Couloumine*, la più impiantata degli ultimi anni, con frutti sovraccolorati e di buon sapore, anche se va gestita bene la raccolta in quanto tende a macchiarsi, aspetto che la rende idonea per le filiere corte e poco adatta a conservazione frigorifera. Kioto, autofertile, con frutti molto sovraccolorati, di sapore discreto, ha avuto una buona diffusione nei campi commerciali, con risultati interessanti da un punto di vista produttivo, ma con l’handicap che nelle annate con basso numero di ore di freddo ha ripetutamente tradito le aspettative dei frutticoltori.
Tra le classiche vesuviane, Cafona, Vitillo, S. Castrese, Palummella, Portici, Pellecchiella, Boccuccia, pur con buon sapore e caratteri estetici tradizionali, non sono più in cima alle preferenze del mercato; solo Portici e Pellecchiella rispettano gli attuali canoni di qualità, ma reggono soprattutto per la buona predisposizione alla trasformazione industriale.
Di particolare interesse è la produzione tardiva che inizia con Faralia, con frutti di aspetto e sapore interessanti; a seguire, dopo circa tre settimane, si raccoglie Farbaly, con frutti di bell’aspetto e di buon sapore; interessante sono anche Fartolì per le caratteristiche del frutto anche se di media produttività, e Farlis, produttiva e buona da mangiare. Chiudono questa fase Fardao, Farclo e Farius, accomunate da frutti di buon sapore, più o meno sovraccolorati, particolarmente resistenti alle temperature estive, che consentono una buona tenuta sulla pianta. In questo modo il calendario di produzione parte da fine aprile in coltura forzata e termina a fine agosto, passando da 60 giorni a 120 giorni di offerta.
Ancora in valutazione sono tante altre varietà, dalle rosse di PSB Fuego, Cheyenne, alla serie Rubingo®; tutte potrebbero contribuire a determinare l’ennesima rivoluzione qualitativa dell’offerta di albicocche, ma è ancora presto per dirlo. L’introduzione di nuove varietà deve essere preceduta da osservazioni pluriennali e in diverse condizioni ambientali. Allo scopo è fondamentale il lavoro svolto dai centri di sperimentazione pubblica, ma anche dalle osservazioni effettuate in campi commerciali-catalogo, dove su poche varietà è possibile mettere a punto anche una tecnica colturale appropriata. Spesso la forte pressione nell’introduzione delle nuove varietà porta ad una illogica riduzione dei tempi di valutazione con rischi oggettivi di insuccessi sempre più inaccettabili.

Albicocco, primi segnali di surplus produttivo? - Ultima modifica: 2017-07-25T14:38:59+02:00 da Lucia Berti

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