La certificazione delle piante di agrumi verso il futuro assetto comunitario

agrumi
Disposizione in bine delle piante
Cambieranno le regole e diminuiranno le garanzie per gli agrumicoltori italiani, in nome di regolamenti comunitari che tendono ad una normalizzazione al ribasso. Quale futuro per il vivaismo agrumicolo professionale italiano e quali ricadute sull’intera filiera?

Il settore dell’agrumicoltura sta conoscendo un momento di grande fermento in conseguenza di un’opera di riconversione che, in tutto il Sud Italia, interessa oltre 40.000 ettari nelle aree colpite dal virus della Tristeza degli agrumi (CTV). Facendo un rapido calcolo, si parla di oltre 18 milioni di piante nei prossimi anni per garantire il rinnovo degli agrumeti interessati e, soprattutto, il cambio di portinnesto, con l’utilizzo di portinnesti CTV tolleranti, quindi, principalmente Citrange o Citrumelo. Una tale situazione comporta uno stress notevole per le strutture vivaistiche e impone una produzione certificata e di ottima qualità.
La certificazione delle piante
di agrumi in Italia
La coltura degli agrumi è stata una delle più soggette alle attenzioni del legislatore; solo la vite ha preceduto gli agrumi nella regolamentazione delle produzioni commerciali, anticipando di quattro anni, e precisamente al 1969, una rigida regolamentazione della produzione vivaistica. A partire dal 1973, il Ministero Agricoltura e Foreste ha regolamentato la produzione dell’intera filiera di alcune piante da frutto, tra cui gli agrumi, con una serie di decreti e circolari che arrivano ai giorni nostri, intersecandosi con altre importantissime norme nazionali. Nel 1973 l’allora MAF ha pubblicato il decreto con cui istituiva il “Programma Nazionale di Certificazione Volontaria degli Agrumi”, che nel corso degli anni si è perfezionato anche sul piano tecnico, con l’introduzione di allegati relativi a controlli fitosanitari più razionali e ad un sistema completo e complesso di controllo della filiera vivaistica.
Scopo del programma era quello di porre fine a una situazione di notevole confusione nel settore vivaistico, per cui sotto la spinta di una richiesta crescente di piante commerciali erano venuti meno due requisiti fondamentali, la perfetta corrispondenza varietale e lo stato fitosanitario ottimale del materiale vegetale, due elementi che facevano capo fondamentalmente a una mancanza di base: l’origine primaria del materiale di moltiplicazione.
Il lavoro effettuato in questi decenni, non solo per gli agrumi ovviamente, ha portato a una condizione ottimale, con una produzione di eccellenza di piante “certificate” ottenute dal circuito della “certificazione volontaria”, controllate per la loro perfetta corrispondenza varietale e controllate per tutti i patogeni da quarantena indicati in allegato alla normativa ministeriale. Il materiale “certificato” proviene da una serie di passaggi.

Leggi l’articolo completo su Frutticoltura n. 1/2017 L’Edicola di Frutticoltura

La certificazione delle piante di agrumi verso il futuro assetto comunitario - Ultima modifica: 2017-01-31T10:00:40+01:00 da Lucia Berti

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